Svolta nella Malattia di Crohn: Come una Dieta può Indurre la Remissione

Con una dieta anti-infiammatoria specifica per l’intestino alcuni pazienti dell’Azienda ospedaliero-universitaria Meyer Irccs di Firenze hanno sperimentato una remissione della malattia di Crohn, ovvero non hanno più mostrato sintomi della patologia.

La sperimentazione

Si tratta dei risultati di uno studio in corso presso l’ospedale pediatrico, dove il regime alimentare è stato raccomandato a oltre 60 giovani pazienti. Nel 70% dei casi, i medici hanno osservato una completa remissione della malattia, anche in presenza di forme severe.

La malattia di Crohn, una grave patologia infiammatoria che colpisce l’intestino tenue e il colon, sta emergendo sempre più frequentemente in età pediatrica. La dieta seguita dai pazienti ha escluso tutti gli alimenti con potenziale azione infiammatoria per l’intestino, soprattutto quelli processati dall’industria con additivi, emulsionanti e conservanti.

Il successo

La terapia alimentare si è dimostrata efficace persino nei pazienti refrattari ai trattamenti medici, compresi quelli con l’utilizzo di farmaci biologici di ultima generazione. Paolo Lionetti, responsabile della gastroenterologia pediatrica del Meyer, ha dichiarato alla stampa: «Siamo estremamente soddisfatti di questi risultati.

Fino a poco tempo fa, i pazienti venivano sottoposti a una dieta esclusivamente liquida, che mostrava buoni risultati ma era difficile da accettare. Questo regime alimentare, seppur rigido, è accolto più favorevolmente da bambini e adolescenti». Inoltre, non si sono riscontrati effetti collaterali. Gli specialisti stanno collaborando con il Meyer per sviluppare una variante mediterranea della dieta.

Le malattie agevolate dall’infiammazione

L’infiammazione, considerata la “malattia del secolo”, rappresenta uno stato di continuo allarme che può persistere silenziosamente nel nostro organismo. A sostenerla sono le cellule del sistema immunitario che producono citochine infiammatorie.

Mentre l’infiammazione acuta è una risposta fondamentale del nostro organismo, la sua forma cronica di basso grado si verifica quando l’organismo rimane in uno stato di allerta, senza manifestare i classici segni come il dolore o l’aumento della temperatura.

Questo continuo “stato di allarme” è strettamente correlato alle malattie più diffuse nel mondo occidentale, inclusi diabete di tipo 2, patologie cardiovascolari (aterosclerosi, infarto, ictus), tumori, malattie neurodegenerative (come l’Alzheimer) e osteoporosi. Inoltre, è presente anche in patologie come psoriasi e dermatite atopica, e alcune ipotesi lo collegano alla depressione, all’invecchiamento, alle malattie dell’intestino, reumatiche e a una maggiore mortalità negli anziani.

Cibi sì e cibi no

Gli alimenti con potenziale effetto infiammatorio per l’intestino includono i carboidrati raffinati (cereali “bianchi”), le bevande zuccherate, i prodotti pronti industriali, tutti gli alimenti fritti ad alte temperature, la carne rossa e le proteine animali, le carni lavorate (salumi, wurstel, ecc.), i grassi trans (margarina e tutti i grassi idrogenati). La dieta prevalente nei Paesi occidentali è spesso di natura pro-infiammatoria.

Nonostante ciò, la dieta mediterranea, che contrasta l’infiammazione, è seguita sempre meno in Italia. Stefano Erzegovesi, nutrizionista e psichiatra, spiega: «Il regno vegetale offre alimenti antinfiammatori come le verdure a foglia verde scuro (cavolo riccio, cavolo nero, cime di rapa, bieta, erbette, spinaci, ecc.), i cibi rossi-arancioni-gialli ricchi di carotenoidi, l’olio extravergine, la frutta a guscio (noci, nocciole, mandorle) e tutta la frutta fresca (frutti di bosco o mele con la buccia). In sintesi, fibre e antiossidanti fitochimici, gli elementi che conferiscono colore ai vegetali».

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